martedì 30 ottobre 2018

Injustice - Gods among us Vol. 5

INJUSTICE GODS AMONG US vol. 5  
di Tom Taylor, Bruno Redondo, Mike S. Miller, Vincente Cifuentes, Xermanico, Rex Lokus, J. Nanjan

(contiene Year Three 1-7)
9788833044521
16,8×25,6, C, 160 pp, col.
€ 17,95

Batman, a seguito dello scontro precedente con Superman, ha la schiena spezzata ed è da un po' di tempo che non si vede in giro. Superman ha accanto a se l'esercito delle Lanterne Gialle ed indosso un anello giallo: la sua potenza sta aumentando a dismisura. Gli eroi che sono contro di lui stanno cadendo come mosche, Il suo dominio sul mondo è saldo. Le battaglie ed i danni collaterali che hanno causato hanno, però, causato una vittima di troppo. Ora anche le arti magiche, contro le quali l'Uomo d'Acciaio sembra essere inerme, sono scese in campo: capitanate da John Constantine. Entrano in gioco Zatanna, Fate e gli altri stregoni che si oppongono al figlio di Krypton. Anche lui ha dalla sua qualche esperto di magia, Lo Spettro e Raven gli sono accanto. Un piano complesso, una profezia di Madame Xanadu e tanto altro si stanno per abbattere sul regno fascista di quelle che era l'eroe più potente della Terra.

Tom Taylor ha un parco giochi enorme a disposizione e ci si sta divertendo un mondo. Ogni volta che termino la lettura di un cartonato mi chiedo cos'altro si possa inventare e quali altri personaggi possa tirare in ballo. Nella sua scrittura riesce a valorizzare, anche solo in poche pagine, la presenza di ogni eroe o villain che tira in ballo. Basta guardare come sta acquisendo importanza Shazam, il ruolo di Raven e di suo padre, la crescita di Harley Quinn dopo la perdita del Joker, l'introduzione di Constantine e il bilanciamento nell'uso di Zatanna. Tutti questi personaggi, e molti altri, trovano il loro spazio e fanno rimpiangere il lettore il non vederli più spesso sulle testate regolari.
Di grande interesse anche il finale del volume. Anche in storie, diciamo, parallele, per non spoilerare nulla, riesce a trovare il tempo ed il modo di raccontare tutto con chiarezza e con calma.

A sua disposizione una truppa di disegnatori e coloristi che mantengono elevato lo standard grafico che richiede un prodotto del genere. A parte un mascellone di Superman, uscito direttamente dagli anni '40 del secolo scorso, ogni pagina è un piacere per gli occhi e la resa dei costumi di ogni personaggio sa essere convincente (insisto: ammirate la Raven rappresentata in questo albo).



Onestamente una delle migliori pubblicazioni commerciali americane dedicata ai supereroi; che siano Marvel o DC.

Da attendere con ansia il prossimo cartonato.

martedì 23 ottobre 2018

Batman Rinascita - 36

BATMAN 36 (149)
(contiene Batman #35, Detective Comics #969, Nightwing #33)
di T. King, J. Tynion IV, T. Seeley, J. Jones, J. Bennett, Javier Fernandez
16,8×25,6, S, 72 pp, col.
9788833047379
€ 3,50 

Sulle pagine di Batman è il momento delle donne. Selina e Thalia devono chiudere lo scontro all'arma bianca. Thalia per uccidere Catwoman, Selina per poter parlare con la sua vecchia amica, per convincerla a riabilitare il suo nome, e per dimostrare, agli occhi della rivale, di essere degna si sposare il Detective.

Tom King imposta un classico duello spada in mano per le due donne forti. Come nei classi di pirati, lo scontro non si limiterà al cozzare di lame, ma prevede una parte dialettica ben alternata e che permette di godere di un ritmo intenso. L'autore affronta la tematica familiare, in poche pagine, con un punto di vista apprezzabile.
Torna ad alti livelli, sopratutto per la resa dei personaggi femminili, lo stile della disegnatrice Joelle Jones. La sua Selina è ogni vignetta più bella, il dinamismo delle lotte è gradevole, la caratterizzazione dei personaggi secondari ha il suo perché.

Detective Comics ci presenta il ritorno di Red Robin nella vita di Spoiler. Di conseguenza la ragazza torna ad unirsi alla squadra di Batwoman, ma non smette di sentire una certa sincronia con Anarky. Tim, dal canto suo, non è più lo stesso dopo la prigionia e l'interazione con il suo alter ego, diventato Batman, di un'altra realtà.

Boh, sì. Nel senso che è sempre un team up piacevole da leggere, ma o le poche pagine a disposizione od il girare intorno al club della Prima Vittima rende tutto un po' troppo statico. Non dico che Tynion non abbia idee, perché una via d'uscita la ha in mente, ma sarebbe bello capire quando ne usciremo. Anche perché ci sono più sottotrame aperte di quante ne saltino all'occhio. Bennet ha la fortuna di disegnare così tanti eroi, e non, che non può non divertirsi  ed offrire una prova di ottimo livello.


Nightwing è alla prese con Rapace e Piccione che hanno deciso di non lasciare vivere ancora a lungo Bludhaven nel suo stato attuale. L'alleanza ed il patto con Desmond gli saranno utili per cercare di uscire dalla situazione ma, poi, probabilmente, dovrà lasciare la sua nuova città in cerca di un altro lido.

Sì, boh. Nel senso, monotono, di chiedermi quale sia l'utilità di un fumetto in solo per Nightwing. C'è lo si legge, anche se rimesta nella pentola da diversi numeri, e si chiude il fumetto. Sessanta centesimi in meno, meno pagine, sarei più contento.

venerdì 19 ottobre 2018

Batman Rinascita - 34

BATMAN 34 (147)
di Tom King, James Tynion IV, Tim Seeley, Joelle Jones, Alvaro Martinez, Miguel Mendonca
(contiene Batman 33, Detective Comics 967, Nightwing 31)

16,8×25,6, S, 72 pp, col.
9788833046846
€ 3,50

Batman e Catwoman sono in viaggio nel deserto, verso una destinazione misteriosa. A Villa Wayne, intanto, i ragazzi della batfamiglia sono stati informati dell'imminente matrimonio di Bruce. Ma perchè l'erede della dinastia Wayne e la sua futura sposa si stanno dirigendo in una località misteriosa ed inaccessibile?

Continuano i passi di avvicinamento al primo matrimonio dell'era Rinascita. Tom King è stato incaricato di guidarci fino a lì e, seppure con qualche rallentamento, sta facendo ciò che ci si aspetta da lui. Joelle Jones, classe 1980 che ha mosso i primi passi professionali nel 2006 in Dark Horse, ha un tratto pulito ed affascinante. Aggiungiamo che oltre le matite ha messo anche le sue chine in questo numero e troviamo un'artista un po' più completa di tanti altri suoi colleghi. Potrebbe migliorare nella cura per gli sfondi, ma non mi dispiacerebbe vederla all'opera su un Nathan Never.

Su Detective Comics. Red Robin è tornato, ferito è stato ricoverato in ospedale. Il problema è che la sua versione più anziana, che indossa il manto di Batman, è convinta che uccidere Batwoman risolverà tutti i problemi del suo futuro. E' il momento per la Squadra di organizzarsi e difendere la loro leader. Purtroppo, il Tim del futuro, ha in serbo una mossa che nemmeno Batman si aspetta.

 James Tynion IV mi piace. Mi piace come dissemina le storie di indizi, tira i fili al momento che ritiene opportuno e come riesce a muovere tanti personaggi dando loro il giusto spazio. Spero che non stia creando un castello troppo fragile da tenere in piedi. Alvaro Martinez, artista spagnolo visto su Batman Eternal (che prima o poi dovrei iniziare a leggere), ha uno stile molto ispirato alla realtà. Questa caratteristica, a volte, gli fa perdere in dinamicità, ma la pagina la riempie sempre al meglio.

Nightwing continua la sua lotta a Rapace e per questo cerca alleati poco raccomandabili. Tim Seeley continua ad avere a disposizione un personaggio che tiene nell'angolo, Defecer, mentre cerca di dare importanza a cattivi e contro cattivi. I disegni di Miguel Mendonca non sono nello stile che preferisco. Alle spalle dei personaggi restano, spesso, troppi vuoti riempiti con il colore. Anche i colori, pastello acceso, stancano presto.

mercoledì 17 ottobre 2018

Speciale Dylan Dog - Nel nome del figlio

Speciale Dylan Dog N° : 32
Nel nome del figlio

Soggetto e Sceneggiatura: Alessandro Bilotta

Disegni: Giampiero Casertano

Copertina: Marco Mastrazzo

Periodicità: annuale
uscita: 21/09/2018
Prezzo: 5.80€

Godwin Dog, figlio di Dylan e di Sybil Browning, sembra aver seguito le orme del padre ed essere diventato Indagatore dell'Incubo a sua volta. In quello che sembra essere un futuro di un passato ancora da vivere, è a caccia di colui che ha dato vita alla setta dei Flagellanti, la setta che si inietta il sangue dei Ritornanti per cercare di raggiungere la vita eterna. In un passato di un presente intangibile, invece, Dylan Dog è alla ricerca di risposte tra il suo letto d'ospedale ed i suoi vagabondaggi sulle tracce di Sybil. Le risposte che si attende sono tante, ma, lui, è ormai avanti con gli anni e le minacce alla sua vita sono ancora di più.

L'anno scorso, qui, Bilotta mi lasciava credere che il ciclo de Il Pianeta dei Morti potesse essere stato chiuso. Chiuso alla Castle (stagione 1 episodio 1), ma l'autore romana ha tirato fuori un cilindro dal coniglio. Come l'anno scorso, Dylan non è la figura centrale dell'albo, lo sono quelli che credevamo comprimari negli anni precedenti. Scopriamo di più su Sybil, conosciamo Godwin (forse persino troppo), Jenkins si guadagna un po' di spazio e constatiamo lo stato dell'Ispettore Osmond. Tutti questi personaggi, più Dylan Dog, si muovono su piani temporali difficilmente distinguibili alla prima lettura. Durante la lettura sembra che Alessandro Bilotta abbia deciso di raccontarci gli eventi in modo caotico, senza un vero e proprio schema. Solo un volta giunti alla fine possiamo pensare di aver capito ciò che è accaduto e quando. Per sicurezza, però, meglio rileggere una seconda e, perché no, una terza volta le centosessanta pagine del tomo annuale.

Ai disegni una certezza. Giampiero Casertano riempie la pagine con il suo tratto pregevolmente pulito, che non si dimentica dei dettagli. Da ammirare le pagine ambientate ad Undead e tutte quelle che richiedono un'ambientazione scenografica. Peccato per un eccesso di vignette senza sfondi, ma è un mio fastidio personale che non deve inficiare il giudizio su un'ottima prova del maestro milanese classe '61.

Torna in copertina Marco Mastrazzo che si ispira a Live After Death degli Iron Maiden per offrirci una copertina energetica e grintosa.

Un nuovo inizio per la saga Speciale, che merita di stare su queste pagine, di Bilotta. Chissà se il prossimo anno deciderà di andare più a fondo nei misteri di questo futuro distopico e alternativo o troverà spunti che noi umani non possiamo neanche immaginare.

Anche perché Alessandro Bilotta è fresco vincitore del Premio ANAFI come miglior sceneggiatore e del premio Boscarato 2018 per la sua serie Mercurio Loi. Che se non la state leggendo siete delle brutte persone.

domenica 14 ottobre 2018

MONDO PUFFO - Mostra al WOW







Seguaci del Blog!
Attenzione Attenzione!

Smurfland Blog è orgoglioso di annunciare che:


Dal 23 ottobre al 25 novembre 2018, presso il Museo WOW Spazio Fumetto, sito in Viale Campania 12 a Milano, sarà organizzata una stupenda mostra dedicata ai puffi.
Tra tutte le belle cose che sono elencate nel comunicato stampa qui sotto saranno presenti anche alcuni puffi della mia collezione personale. Puffi un po' particolari come quello con i tre con i coni delle caramelle, alcuni puffi pubblicitari e gli ultimi Super Puffi, quelli nelle scatoline, dedicati al Team Belgio durante le Olimpiadi del 2012.

La mostra è gratuita e sarà bellissima. Vi lascio al comunicato redatto dal curatore della mostra, e gran collezionista di puffi, Enrico Ercole.


 mostra
MONDO PUFFO

il fantastico mondo dei Puffi raccontato per la prima volta in mostra in occasione dei loro 60 anni!

23 ottobre – 25 novembre 2018

WOW SPAZIO FUMETTOMuseo del Fumetto, dell’Illustrazione e dell’Immagine animata di Milano
Viale Campania 12 – Milano

Info: 02 49524744/45 -www.museowow.it– Ingresso libero
Orario: da martedì a venerdì, ore 15-19; sabato e domenica, ore 15-20. Lunedì chiuso


Alti due mele o poco più, con la pelle blu e il caratteristico cappellino bianco, in 60 anni di puffosa carriera i Puffi han conquistato l’immaginario di ben tre generazioni, partendo dai fumetti per diventare poi serie animata, gadget ambitissimi e perfino protagonisti di film. 
A questi puffosi 60 anni WOW Spazio Fumetto (Viale Campania 12) dedica una mostra-omaggio davvero unica che ne racconta la nascita, da quando comparvero creati dal belga Peyo nel 1958 sulle pagine di Spirou, come semplici comparse di una storia di John e Solfamì, fino al successo dei cartoni animati in tv negli anni Ottanta con relativa puffomania. Dagli archivi della Fondazione Franco Fossati sono esposti giornali rari, tra cui l’originale del numero di Spirou con la primissima apparizione in assoluto (1958) e i numeri di Tipitì(1963) con la prima apparizione italiana ancora col nome di Strunfi, fino alle storiche storie pubblicate sui volumi cartonati e sul Corriere dei Piccoli dal 1964 e l’omaggio de Il Giornalino per i 50 anni: le origini, la storia editoriale, ma anche la musica e lo straordinario “linguaggio puffo” studiato addirittura dal grande Umberto Eco. Un percorso inedito e divertente per raccontare questi simpaticissimi personaggi e il loro universo pieno di magia e fantasia augurando tutti insieme “Cento di questi puffi!”

60 ANNI IN BLU
I Puffi hanno sessant’anni. Sono infatti nati nel 1958 dalla fantasia del fumettista belga Pierre Culliford (Bruxelles 1928-Bruxelles 1992), in arte Peyo. Già conosciuto per le storie del simpatico cavaliere Johan e il suo buffo amico Pirlouit (in Italia ribattezzati John e Solfamì), nel 1958 Peyo decide di far incontrare ai suoi eroi un gruppo di buffi folletti blu, nella storia "La flûte à six schtroumpfs" (Il flauto a sei puffi). Così nascono i Puffi, riprendendo una vecchia idea per un cartone animato che Peyo avrebbe voluto realizzare in gioventù. Come spesso accade nel mondo del fumetto, i Puffi sono personaggi comprimari che hanno conquistato subito la fantasia e l’amore del pubblico diventando presto protagonisti di storie a loro completamente dedicate. 
Grazie al successo riscosso, Peyo decide di scrivere alcune storie con i Puffi protagonisti. La prima si intitola “I Puffi neri”, a cui ne seguono molte altre, che conquistano l’immaginario del pubblico e presentano per la prima volta i personaggi e le ambientazioni che faranno la fortuna della serie: il mago Gargamella, il gatto Birba, i Puffi con attitudini e mestieri sempre diversi, il villaggio, la foresta... 
I Puffi, o Strunfi come venivano inizialmente chiamati “traducendoli” dal termine belga Schtroumpf (inventato da Peyo), arrivano in Italia nel 1963 grazie alla casa editrice Dardo, che pubblica le avventure di Roland e Tipitì (com’erano chiamati allora John e Solfamì) sul giornalino Tipitì.
Torneranno poi nel 1964, questa volta col nome più simpatico di “Puffi”, sul Corriere dei Piccoli, storica testata per ragazzi che ne pubblicherà le storie per molti anni. 
La grande fortuna dei Puffi è dovuta soprattutto al successo riscosso dalla serie di cartoni animati. Ma la storia dei “Puffi animati” è lunga e avventurosa. La prima versione animata dei fumetti risale infatti al 1961: nove puntate realizzate muovendo dei modellini di carta su fondali dipinti, poi raccolte in un film nel 1965.
Peyo torna all’animazione nel 1976 con il lungometraggio “Il flauto a sei puffi”, basato sulla prima storia a fumetti degli ometti blu, mentre nel 1981 Hanna & Barbera, grandi animatori creatori di Tom & Jerry e degli Antenati, iniziano a realizzare una lunga serie di cartoni animati, durata quasi dieci anni. In Italia sono famosissimi anche per la sigla cantata da Cristina D'Avena.
I Puffi sono stati grandi protagonisti anche sulla scena del merchandising, soprattutto grazie ai mitici pupazzetti in gomma prodotti dalla Schleich. 
I Puffi sbarcano al cinema con grande successo nel 2011 con il film “I Puffi”, seguito poi da uno speciale natalizio intitolato “I Puffi – A Christmas Carol”. Nel 2013 esce “I Puffi 2”, mentre nel 2017 “I Puffi - Viaggio nella foresta segreta”. In mostra saranno presenti i manifesti cinematografici e le fotobuste dei film.

LA MOSTRA 
La mostra Mondo Puffo vuole essere un divertente omaggio al fantastico mondo dei Puffi, che permetterà ai visitatori di scoprire la loro storia e delle loro avventure. 
Divertenti pannelli tematici approfondiranno gli aspetti più curiosi e puffosi: la nascita e le prime apparizioni, i segni particolari più puffosi, i loro buffi usi e costumi (Cosa mangiano? Perché si vestono così? Come vengono creati? E soprattutto: quanti sono esattamente?), la televisione e il cinema, la lingua puffa, studiata addirittura dal grande semiologo Umberto Eco, le celebri canzoni dei cartoni animati, i pezzi di musica classica che commentano le puntate e tante altre sorprese.
Non mancheranno poi focus dedicati alle storie più belle, e al mondo in cui si muovono.
Le avventure dei Puffi traggono infatti la loro forza dal rapporto che i piccoli protagonisti hanno con l’ambiente che li circonda. Ambientate in un Medioevo fantastico, le loro storie sono spesso imperniate su un problema da risolvere per salvarsi dalle grinfie del perfido mago Gargamella o da qualche altra minaccia. I nemici e gli amici dei Puffi finiscono così per diventare parte integrante delle loro avventure: Madre Natura, Gargamella, Bue Grasso, Padre Tempo, John e Solfami, Lenticchia, Birba, Gherardo, Omnibus, Baldassarre e tantissimi altri.
Le avventure dei Puffi hanno come ambientazione principale la foresta e il villaggio di Pufflandia. Per scoprirne i segreti la mostra propone una mappa che aiuta il visitatore a orientarsi e scoprire i segreti dei luoghi più comuni. Il villaggio (non facile da trovare per gli esseri umani), la diga, il ponte, il fiume, il castello di Gargamella, il campo di puffbacche… In esposizione anche un villaggio originale anni Ottanta formato da puffi, cassette e accessori da collezione della mitica serie Schleich. 
Ci sarà poi spazio per ricordare la manifestazione che nel 2008 ha festeggiato i cinquant’anni dei Puffi, con un’iniziativa benefica promossa da Unicef in collaborazione con la Fondazione Franco Fossati, il settimanale Il Giornalino e la casa madre belga. Piazza del Duomo e la Galleria vennero invase di Puffi in plastica bianca da colorare e decorare a proprio piacimento, ci fu una giornata di festeggiamenti con attività e divertimento per grandi e piccini e sul Giornalino venne pubblicata una storia speciale ambientata proprio a Milano. E ancora dischi, giornali e riviste d’epoca, gadget, memorabilia e tante sorprese puffose.

Ufficio stampa
WOW Spazio Fumetto
Enrico Ercole
349/5422273

giovedì 11 ottobre 2018

Mercurio Loi - Tempo di notte

Mercurio Loi N° : 13
Tempo di notte

Soggetto e Sceneggiatura: Alessandro Bilotta

Disegni: Sergio Ponchione

Colori: Nicola Righi

Copertina: Manuele Fior

Periodicità: bimestrale
uscita: 25/09/2018
Prezzo: 4,90€

La notte, un unico nome per raccogliere ogni tempo che va dal tramonto all'alba  ogni giorno della settimana. La notte un tempo senza tempo dove accadono eventi che il nostro cervello rischia di distorcere. La notte, quel momento che Mercurio Loi apprezza per saltellare di tetto in tetto ed andare a parlare con Galatea ed i membri di Sciarada. La notte che riporta alla mente del Colonnello Belforte i momenti, truci, passati con Il Contrappasso e che gli impedisce di agire con prontezza di fronte ad un omicidio. La notte dei due amanti Diana e Ottone, ma che non è sempre così serena e romantica come potrebbe essere.

Una storia decisamente intima quella che ci propone l'autore unico della serie Bilotta. Riflettere sul concetto di notte e sulle sue influenze sull'animo umano è da sempre passione nascosta, poco, di poeti e narratori. Perchè non lasciar cadere nella riflessione anche Mercurio Loi? Anche se Mercurio ben poco centra con questa storia. Lo sentiamo nominare, ma, praticamente, non lo si vede in azione fino a pagina 70 dell'albo. In compenso, Bilotta lascia ampia libertà di azione ai comprimari della storia, quasi appaiono tutti coloro che abbiamo incontrato fino ad oggi. Diana, che Ponchione ci mostra sia nelle vesti, poche, di amante di Ottone, che di generosa direttrice di orfanotrofio, Ottone stesso, tormentato dal suo errore imperdonabile, Belforte che non riesce ad essere chi dovrebbe essere e commette un errore fatale. Persino di Galatea si scopre qualcosa di più.

Si accennava a Ponchione (asitgiano, classe 1975) torna dopo aver disegnato il mitico numero 6, A passeggio per Roma. Come sempre vivere le sue tavole è entrare nella Roma di Loi. Mi è piaciuta molto la scelta di creare griglie semplici e dai bordi spessi. Lo stile di disegno, quasi grottesco ha permesso di rendere l'anima granguignolesca che percorre sotto traccia tutto l'albo. Grande anche l'accostamento dei colori di Nicola Righi, il colorista maschio più attivo sulla testata. Mi è piaciuto l'uso delle ombre, indispensabile in un numero del genere, e quella sensazione che a tratti mi è presa di vedere vignette colorate come a carboncino.

Quella di Manuele Fior è un'altra di quelle copertine che, pur nella sua semplicità, lascia ammirato il lettore.

Un numero sperimentale nel quale succede quanto e di più è possibile. Un nuovo inizio delle avventure di Mercurio Loi per il quale, forse, Roma non sarà più la stessa.

Sempre una gioia l'acquisto in edicola di questa collana.

giovedì 4 ottobre 2018

L'uomo che uccise Don Chisciotte

Spagna. Oggi. Un regista visionario e geniale, Toby Grisoni, è impegnato sul set a girare una nuova visione del Don Chisciotte di Cervantes. Un po' assente, un po' preso da se stesso, segue con disinteresse ciò che gli accade attorno. Fino a quando non si accorge di essere a poca distanza da un piccolo e sperduto villaggio dove, decenni prima, aveva girato un filmato per un esame universitario. Sempre ispirato a Don Chisciotte, impiegando come attori gli abitanti del villaggio stesso. In preda ad un ricordo ed alla voglia di evadere, si reca al villaggio per chiedere informazioni sulle persone coinvolte e ritrovare l'ispirazioni.
Ritrova Javier, il vecchio calzolaio che aveva interpretato Don Chisciotte che crede di essere veramente il Cavaliere letterario. Javier lo coinvolgerà in un'avventura degna del personaggio letterario, rivedendo in lui il Sancho Panza che tanto gli è mancato.

Venticinque anni. Tanto è durata la gestazione di questo film da parte di Terry Gilliam. Venticinque anni nei quali il cast è cambiato, sono cambiate le produzioni, c'è stato di mezzo un fallimento, il sequestro del copione, la ricerca di nuovi finanziatori e, infine, la realizzazione. Solo la storia dietro la storia, raccontata nel documentario L'uomo della Mancia, dovrebbe spingere un appassionato di cinema alla visione di questa pellicola.

Ammettiamolo, però, questo è un film decisamente visionario che tende a confondere lo spettatore in più punti, nei quali appaiono confusi sia il regista che i montatori. C'è talmente tanta carne al fuoco, chi di voi ha idea di quanto ci sia di scritto nei romanzi originali? Ecco, Gilliam ha cercato di estrapolare i momenti, più o meno noti, e che hanno segnato di più la formazione cavalleresca del protagonista. Ci ha giocato e ne ha tratto una storia originale e visionaria, come lui è capace di fare.
I diversi livelli narrativi sono resi grazie a due attori protagonisti che impegnano, pressoché da soli, gran parte del metraggio della pellicola. Con grande oculatezza, la scelta per interpretare Don Chisciotte è caduta su Jonathan Pryce. Devo dire che i suoi occhi spalancati, la sua senilità galoppante, la sua calata ne personaggio sono veramente azzeccati. E' stato bello vedere, sopratutto, quei pochi minuti in cui capiamo come il suo personaggio si cala nel personaggio: un'illuminazione, un'epifania resa in modo convincente. A sorprendere, i meno attenti, è la performance di Adam Driver nel ruolo che avrebbe dovuto essere, che era stato pensato all'epoca, per Johnny Depp. Il suo Toby Grisoni (dedicato all'altro sceneggiatore del film Tony Grisoni) è un personaggio ottimamente riuscito: cinico tanto da risultare comico, borioso tanto da risultare simpatico, semplice quanto complesso. L'epifania coglie anche lui e lo in un momento difficile e apicale.

Attorno a loro girano tanti personaggi: il boss di Stellan Skarsgård, l'Angelica di  Joana Ribeiro, la nemesi di Don Chisciotte  Alexei Miiskin con le sembianze di Jordi Mollà. Tra i più e i meno riusciti, tutti offrono il loro apporto al risultato finale.

Sono rimasto molto colpito dai risultati che la ricerca delle location ha portato. La villa del finale, il paesino arroccato, le pale eoliche (che pur utili sono risultate essere cicatrici nella campagna spagnola), sono scelte azzeccate.
Ho apprezzato molto anche l'impatto visivo generato della scenografie di Benjamín Fernández. Mi hanno proiettato nei mondi pensati dal regista e mi hanno accolto in modo piacevole. Non mi dispiacerebbe vederle candidate all'Oscar.

Oggettivamente non è un film per tutti. E' un film che necessita la pazienza dello spettatore, la voglia di vedere un film particolare di un regista particolare come Gilliam e la volontà di confrontarsi con un personaggio eterno come Don Chisciotte.

Per me è valsa la pena attendere venticinque per potere vedere questo film. Anche rivederlo una seconda volta per capire meglio certi passaggi ed apprezzare la recitazione dei protagonisti non mi dispiacerebbe.


Titolo originale The Man Who Killed Don Quixote
Lingua originale inglese
Paese di produzione: Regno Unito, Spagna, Francia, Portogallo, Belgio
Anno: 2018
Durata. 132 min
Rapporto: 2,35 : 1
Genere        fantastico

Regia: Terry Gilliam

Sceneggiatura: Tony Grisoni, Terry Gilliam
Produttore: Mariela Besuievsky, Amy Gilliam, Gerardo Herrero, Grégoire Melin
Produttore esecutivo: Jeremy Thomas, Peter Watson
Casa di produzione :Alacran Pictures, Amazon Studios, Entre Chien et Loup, Eurimages, Movistar, Proximus TV, RPC, TVE, Tornasol Films, Akbar Filmes, Wallimage
Distribuzione (Italia): M2 Pictures
Fotografia: Nicola Pecorini
Montaggio: Lesley Walker, Teresa Font
Musiche: Roque Baños
Scenografia: Benjamín Fernández
Costumi: Lena Mossum

Interpreti e personaggi

    Adam Driver: Toby Grisoni
    Jonathan Pryce: Javier "Don Chisciotte"
    Joana Ribeiro: Angelica
    Stellan Skarsgård: il capo
    Olga Kurylenko: Jacqui
    Jason Watkins: Rupert
    Óscar Jaenada: gitano
    Sergi López: fattore
    Rossy de Palma: moglie del fattore
    Jordi Mollà: Alexei Miiskin
    Paloma Bloyd: Melissa
    Eva Basteiro-Bertoli: Dorothea

Doppiatori italiani

    Andrea Mete: Toby Grisoni
    Franco Zucca: Javier "Don Chisciotte"
    Valentina Favazza: Angelica
    Rodolfo Bianchi: il capo
    Domitilla D'Amico: Jacqui
    Franco Mannella: Rupert

martedì 2 ottobre 2018

Dylan Dog - Perderai la testa

Dylan Dog N° : 385
Perderai la testa

Soggetto e Sceneggiatura: Barbara Baraldi

Disegni: Emiliano Tanzillo

Copertina: Gigi Cavenago

Periodicità: mensile
uscita: 29/09/2018
Prezzo: 3.50€

Dopo un serata romantica, non andata troppo bene per la verità, cosa c'è di meglio di risvegliarsi in un baule di una macchina di lusso, legato, senza sapere come sia successo? Se, poi, ci si risveglia a Parigi, legati ad una sedia, in compagnia di sconosciuti cosa si può volere di più? Probabilmente un'indagine. Un'indagine che sembra avere la sua origine ala momento della decapitazione di Maria Antonietta e ripercussioni su alcune donne, con indosso gioielli vistosi, di stanza a Parigi.

Barbara Baraldi, Mirandola e non si scrive l'età di una signora, torna alla guida di una storia della serie regolare di Dylan Dog, credo la sua quinta. Non lo so, non riesco ad inquadrarla, forse perché ha la sfortuna di essere stata letta dopo il 13 di Mercurio Loi, ma la storia non mi ha colpito in modo particolare. Sì, è una storia di fantasmi, ma con la stessa dinamica di tante altre e con qualche spiegone di troppo tanto per riempire le pagine (era necessaria tutta la tiritera sul furto della Gioconda? Perché quel personaggio femminile avrebbe dovuto essere lì in quel momento? Onestamente non me lo spiego). Una storia che serve da cuscinetto in attesa di novembre 2018 quando, dopo Lucca, uscirà il primo capitolo della saga della Meteora (tanto attesa da Recchioni) e che viene utile per mettere lì un paio di pulci nelle orecchie al lettore ed introdurre un nuovo nemico (probabilmente ricorrente) per Dylan. Anche lì: si era capito non c'era bisogno di sottolinearlo in quel modo nelle fasi finali dell'avventura. Limitata la fantasia, non so quanto per colpa sua o per scelte redazionali, nei nomi dei coprotagonisti e nella caratterizzazione della spalla di Sophie.

Emiliano Tanzillo, appartenente alla scuola romana dei fumettisti, torna su Dylan Dog dopo l'esordio sulla serie regolare con Miseria e Crudeltà. Già all'epoca si era distinto per un tratto netto e preciso, molto realistico. Qui si supera nel ricopiare gli edifici parigini nei minimi dettaglia, nel trasmettere l'orrore con tratti semplici e decisi. Mi perde un po' nelle pagine in tonalità di grigio, quelle dei ricordi, ma è un peccato veniale. L'altra volta aveva esaltato la bellezza di Rania, qui Sophie è la sua nuova musa.

Un numero interlocutorio, che presenta nuovi personaggi gettando qualche amo al lettore. Come sempre, valorizzato dalla copertina di Cavenago che riesce a racchiudere in un'unica immagine tutto il senso della storia. Bravò.