mercoledì 17 luglio 2019

Fear The Walking Dead, American Gods, Good Omens

Riprendiamo a scrivere…
Qualche giorno fa mi è capitato di riuscire a vedere la quarta stagione di Fear the Walking Dead. Devo dire che mi ha stupito.
La strada che gli sceneggiatori hanno deciso di intraprendere ha dato un respiro nuovo al telefilm. Il cast originale, ormai, alla fine dei sedici episodi sarà quasi completamente cambiato e questo è un bene dopo quattro anni.
Nel corso degli episodi vediamo evolvere i protagonisti storici ed entrare in modo deciso Morgan, quel Morgan che ha salvato Rick all’inizio della serie originale.
Seguiamo sia gli ultimi giorni dell’insediamento messo su da Madison e dalla sua famiglia, scopriamo un modo curioso di intrappolare i non morti e conosciamo nuovi personaggi. JD, June, Charlie (e il passato che si porterà nel futuro) e tutta la strana combricola che si crea a seguito degli eventi. Ovviamente, alcune soluzioni, soprattutto nelle puntate del finale di stagione sono un po’ forzate (possibile che negli USA tutte le macchine abbiano l’antifurto sonoro?), ma la storia si lascia seguire.

Decisamente un buon intrattenimento.

American Gods è giunto alla seconda stagione. Le premesse per poter assistere ad un grande arco narrativo, dalla stagione scorsa, c’erano, ma… Beh sì, c’è un ma. La storia si arrocca un po’ troppo su se stessa. Continua a girare intorno alle stesse soluzioni narrative. Quello che distingue questa stagione è la grande prova di alcuni attori del cast. Finalmente vediamo la grande espressività di Orlando Jones e la capacità di Ian McShane di gestire la scena. La piccola Emily Browning, sospesa tra la morte e la ricerca della vita, mi convince sempre di più. E’ da scoprire meglio, in tutto questo, il ruolo che ricoprirà in futuro Ricky Whittle, sperando che la terza serie sia quella definitiva.
Importante, come per la prima stagione, è il ruolo delle canzoni che chiudono la serie. Peccato che Amazon non abbia deciso di sottotitolarle e che chi non ha dimestichezza con l’inglese si perda qualcosa di narrativamente collegato agli eventi dell’episodio.

Una stagione debole, ma con un cast di attori dalle alte potenzialità (molti, non tutti).

Good Omens è tratto dal libro di Terry Pratchett e Neil Gaiman Buona Apocalisse a tutti. È una serie Tv di pochi episodi e vanta della presenza di due attori iconici: Michael Sheen e David Tennant. A loro si deve il grosso della penetrazione nell’immaginario di questa produzione. La costruzione dei loro personaggi, i dialoghi che li coinvolgono son coinvolgenti e spassosi. Le precise e dettagliate profezie che ci accompagnano da un certo punto della serie, fino alla fine, sono fantastiche, come la strega che ne cerca il significato ai giorni nostri. Il convento delle suore sataniche è un luogo surreale. L’anticristo è forse il personaggio meno incisivo, mentre i suoi quattro cavalieri hanno il loro perché (fosse anche solo per le cavalcature che li assistono). Un plauso particolare merita la voce di Dio (anche se in originale ha un’altra importanza) tendenzialmente inutile è la partecipazione di Benedict “Dottor Strange”.

Da vedere, anche perché curata da Gaiman stesso (che si allena per la versione televisiva di Sandman).