venerdì 1 giugno 2012

This must be the place

Cheyenne & The Fellows erano un gruppo pop di successo negli anni 80 del secolo scorso, che si sono sciolti per i sensi di colpa che aggredirono il loro leader. Ora Cheyenne è un uomo un po' catatonico che vive nella sua grande casa di Dublino con sua moglie ed un cane. Un po' depresso, un po' annoiato, passa le sue giornate in compagnia della moglie, giocando in borsa, facendo la spesa nei centri commerciali e coltivando la sua amicizia con la giovane Mary.
La notizia che suo padre, con il quale non ha contatti da trent'anni, sta morendo nella sua casa di New York lo scuote leggermente, tanto da spingerlo a raggiungerlo per vegliarlo. La sua paura di volare, però, gli impedisce di giungere in tempo. Il viaggio in nave è lungo e quando lui arriva il padre è già morto. Grazie alla preoccupazione del cugino, però, entra in possesso di alcuni diari del genitore. Da questi scopre come l'anziano abbia dedicato tutta la vita alla caccia di un criminale nazista: Aloise Lange. Il papà di Cheyenne, ebreo detenuto ad Auschwitz, non aveva mai dimenticato le sofferenze patite ed era deciso a farla pagare al suo aguzzino. Purtroppo la morte l'ha portato via prima del tempo.
Per ritrovare un legame Cheyenne si mette sulle tracce del criminale di guerra seguendo gli indizi contenuti nei disegni e nei manoscritti ereditati. Si troverà in un viaggio solitario attraverso gli Stati Uniti durante il quale incontrerà molti personaggi curiosi ed interessanti: Ernie Ray, affarista che gli presterà il suo pick up, David Byrne, leader dei Talking Heads, Mordecai Midler, potente cacciatore di criminali nazisti e poi la vedova di Lange, sua nipote ed il suo bambino con la paura dell'acqua, passando attraverso l'inventore delle valigia con le rotelle ed ad uno strano indiano.

Di Sorrentino, consciamente, ad oggi avevo visto solo Il Divo.
Ho trovato questa sua prima opera americana tecnicamente in linea con quella dedicata a Giulio Andreotti. Il più qui ha potuto sfruttare i campi lunghi, i panorami, le aperte distese dei territori americani e messicani. Con mano ferma e precisa esalta le atmosfere solitarie, come la casa mobile in mezzo al nulla, e le scene involontariamente comiche della vita quotidiana, come il pattinatore a Central Park.
Una enorme mano alla riuscita del film gliela da il protagonista assoluto: Sean Penn. L'attore di tanti successi del cinema dei non-blockbusters americani si conferma essere strepitoso. Per quanto, secondo me, scelga sempre film che gli diano una visibilità particolare (Mi chiamo Sam, Milk, per citarne due) devo ammettere che la sua caratterizzazione della star in pensione ed invecchiata è convincente. Da non esperto di musica mi viene da pensare, vedendolo, ad Ozzy Osborn ed al suo programma su MTV.
Sceneggiato dallo stesso Sorrentino e da Contarello, il film si basa su battute semplici e dirette, alcune acide, altre argute, ed altre ancora divertenti. La sceneggiatura si muove lenta, ma di quel lento che annoia, dando il tempo allo spettatore di assimilare i tempi del protagonista ed entrare in sintonia con lui. Si crea una sorta di empatia con Cheyenne che lo rende un personaggio ricco di sfaccettature, sebbene quasi catatonico e limitato nei movimenti.
Non mancano le scene che strappano un sorriso, specie nella seconda parte del film, e, giustamente, risultano assenti scene eccessivamente tristi. Degna di nota è la scena che vede sul set David Byrne e Cheyenne. Lo sfogo emotivo ed emozionale di quest'ultimo è intenso e profondo, ben scritto ed interpretato da entrambi.
Curiosi sono anche i personaggi che il protagonista, alla ricerca delle sue origini e di un nuovo motivo per vivere, incontra sulla sua strada. Impresso rimane l'indiano silenzioso e con lui l'uomo che ha inventato la valigia con le rotelle.
Tutto il cast si rivela azzeccato e complementare. La presenza di Frances McDormand (moglie di Joel Coen ed attrice in sei dei suoi film tra i quali Fargo) nei panni della moglie di Cheyenne è azzeccata, brava Eve Hewson come emo (ma più vitale) amica del protagonista. Degni di nota anche Kerry Condon, nei panni della nipote di Lange, e Heinz Lieven in quelli di Lange stesso.
Il film fila liscio fino a due minuti dalla fine. Il finale, due minuti in tutto, l'ho capito a metà. O almeno suppongo di averlo capito a metà, nel senso che mi sono fatto una mia idea non suffragata da prove.

Forse non al cinema, ma il film è da vedere. Molto bello, piacevole, pacato e sagace, ci mostra uno Sean Penn in forma, nonostante l'anno sabbatico in cui era, ed un bravo Sorrentino alla regia.
Vedetelo.

Titolo originale This Must Be the Place 

Lingua originale inglese 
Paese Italia, Francia, Irlanda 
Anno 2011 
Durata 118 min 
Genere drammatico

Regia Paolo Sorrentino 
Soggetto Paolo Sorrentino 
Sceneggiatura Paolo Sorrentino, Umberto Contarello 
Produttore Nicola Giuliano, Francesca Cima, Andrea Occhipinti, Michèle Petin, Laurent Petin, Ed Guiney, Andrew Lowe 
Produttore esecutivo Ronald M. Bozman
Viola Prestieri 
Casa di produzione Medusa Film, Indigo Film, Lucky Red, ARP Sélection, Element Pictures 
Distribuzione (Italia) Medusa Film 
Fotografia Luca Bigazzi 
Montaggio Cristiano Travaglioli 
Musiche David Byrne, Will Oldham 
Scenografia Stefania Cella 
Costumi Karen Patch 

Interpreti e personaggi 
Sean Penn: Cheyenne/John Smith 
Frances McDormand: Jane 
Eve Hewson: Mary 
Judd Hirsch: Mordecai Midler 
Kerry Condon: Rachel 
Harry Dean Stanton: Robert Plath 
Joyce Van Patten: Dorothy Shore 
Olwen Fouéré: madre di Mary 
Shea Whigham: Ernie Ray 
Heinz Lieven: Aloise Lange 
David Byrne: se stesso 
 
Doppiatori italiani 
Massimo Rossi: Cheyenne 
Antonella Giannini: Jane 
Letizia Ciampa: Mary 
Stefano De Sando: Mordecai Midler 
Myriam Catania: Rachel 
Carlo Valli: Robert Plath 
Giuliana Lojodice: Dorothy Shore 
Ada Maria Serra Zanetti: madre di Mary 
Rodolfo Bianchi: Ernie Ray 
Omero Antonutti: Aloise Lange 
Fabrizio Pucci: David Byrne 

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