mercoledì 20 gennaio 2016

Django

New Mexico. Un uomo che non ha paura di morire arriva, con una cassa da morto al traino, in una cittadina di frontiera. Qui si trova invischiato in un commercio di oro ed armi e cerca di trovare il modo per ottenere i suoi vantaggi. L'uomo è un grande pistolero e dovrà affrontare il più pericoloso duello della sua vita.
Quest'uomo ha gli occhi di ghiaccio.

E' inutile tergiversare oltre sulla trama di questa icona degli spaghetti western del 1966. In questa occasione Bruno e Sergio Corbucci, alla regia quest'ultimo, gettano le fondamenta per la nascita di un mito: Django, dove la D è muta. Un mito che ha attraversato il secolo ed è sfociato in un remake, pregiato, di Quentin Tarantino.
Io di western non me ne intendo. Non sono il genere che ho preferito da ragazzo, quando ne passavano a tonnellate durante i pomeriggi a casa della nonna, e crescendo mi hanno lasciato piuttosto indifferente. Quindi, la storia di Django l'ho trovata abbastanza consueta, non so se perché ne ho lette di simili o perché in film a lui precedenti era già stato affrontato l'argomento. All'accadimento degli avvenimenti, durante la visione, vivevo sempre un senso di già vissuto che, comunque, non mancava di lasciarmi sorpreso e divertito. L'idea di nascondere quella cosa nella bara, il duello in città, il finale finalone con sparatoria definitiva, tutto l'ho vissuto con genuino interesse.
e oggi sono di buon umore.
Seppure girato con pochi mezzi, grazie alle sue caratteristiche di cinismo e rudezza è diventato subito una pietra miliare made in Italy del genere, un riferimento per i futuri registi e sceneggiatori, e si è inoculato con caparbietà nei ricordi degli spettatori. Come detto, ormai, l'inizio del film, con il protagonista che trascina la cassa da morto, è diventato iconico. Come è maestosamente indimenticabile la scena di lotta all'interno del Saloon, centro nevralgico del film.
Epico.
Django è un film da vedere per ricordare come gli italiani hanno insegnato agli americani a realizzare film. Poi ce lo siamo dimenticati e siamo diventati dei fighetti specializzati in film impegnati che nessuno guarda e commedie sboccate da far vergognare lo spettatore, ma una volta non erano solo i Fellini ed i Leone a portarci lustro. Gente come i Corbucci, Deodato, De Martino, Squitieri e tanti altri come loro hanno costruito basi solide per il cinema del futuro.
Titolo Originale Django

Paese di produzione Italia, Spagna
Anno 1966
Durata 94 min
Rapporto 1,66:1
Genere western

Regia Sergio Corbucci

Soggetto Sergio Corbucci, Bruno Corbucci
Sceneggiatura Sergio Corbucci, Franco Rossetti, Piero Vivarelli, Josè Gutiérrez Maesso, Bruno Corbucci, Fernando Di Leo (non accreditato)
Produttore Manolo Bolognini, Josè Gutiérrez Maesso
Casa di produzione B.R.C. Produzione Film (Roma), Tecisa Film (Madrid)
Distribuzione (Italia) Euro International Film
Fotografia Enzo Barboni
Montaggio Nino Baragli, Sergio Montanari
Musiche Luis Enríquez Bacalov
Tema musicale Django (Luis Enríquez Bacalov, Franco Migliacci)
Scenografia Carlo Simi
Costumi Carlo Simi, Marcella De Marchis

Interpreti e personaggi

Franco Nero: Django
José Bódalo: generale Hugo Rodríguez
Loredana Nusciak: Maria
Eduardo Fajardo: maggiore Jackson
Angel Alvarez: Nataniele
Gino Pernice: fratello Jonathan
Remo De Angelis: Ricardo
Simón Arriaga: Miguel
Luciano Rossi: Miguel
Giovanni Ivan Scratuglia: uomo della banda di Jackson
José Canalejas: uomo della banda di Rodríguez
Rafael Albaicín: uomo della banda di Rodríguez
Silvana Bacci: prostituta messicana
Guillermo Mendez: uomo della banda di Jackson
Rafael Vaquero: uomo della banda di Rodríguez
Lucio De Santis: uomo con la frusta
Chris Huerta: ufficiale messicano
José Terron: Ringo

Doppiatori italiani

Nando Gazzolo: Django
Mario Feliciani: generale Hugo Rodriguez
Rita Savagnone: Maria
Bruno Persa: maggiore Jackson
Carlo Romano: Nataniele
Gianfranco Bellini: Fratello Jonathan
Luciano De Ambrosis: Ricardo
Ferruccio Amendola: Miguel
Arturo Dominici: uomo della banda di Jackson

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