La vicenda è tanto lineare quanto semplice. Si parte dal Connecticut, dove le quattro carampane sono ospiti di un matrimonio gay di loro amici, e termina ad Abu Dabi quasi senza passare per New York. 145 minuti di film riempiti, praticamente, di nulla. Battute e doppi sensi sessuali si sprecano, ai livelli di Boldi e De Sica (per altro già toccati nel primo film quando Charlotte subisce la vendetta di Montezuma, in un resort messicano). Si vuole dare uno spessore cercando, ed una giustificazione, alle avventure delle quattro amiche mettendo in evidenza le loro difficoltà. Carrie dopo due anni di quasi matrimonio è preoccupata che tra lei e Big sparisca lo scintillio, Charlotte nonostante la tata non sopporta più le due figlie, Mirando si è dimessa dallo studio dove lavorava per cercare un impiego più gratificante, Samantha è ancora l’unica che si gode la vita.
Un viaggio sponsorizzato in prima classe verso Abu Dabi, al fine di premettere a Samantha di promuovere gli Emirati Arabi negli stati uniti, le implica in situazioni pacchiane e ridicole. Si parte con le 4 macchine a testa, per giungere alla suite megagalattica (da 22000 dollari a notte) con un servitore a testa, passando tra i gridolini di meraviglia di ognuna di loro per qualsiasi cose.
Un peccato che una serie culto (che non ho mai seguito, ma ritenuta tale da milioni di donne) abbia avuto due epiloghi cinematografici di tale basso livello. Si è persa l’arguzia e la sagacia di quegli episodi settimanali che per cinque anni hanno interessato le spettatrici di tutto il mondo (escludo la sesta serie che, mi si dice, è già in linea con i film). Se poi, come vogliono le voci, è già in lavorazione un prequel: beh, allora, siamo a posto!
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