In un futuro non troppo lontano, la Terra ha grossi problemi energetici; i black out giornalieri sono innumerevoli, le code ai distributori di benzina interminabili. La vita moderna, come noi la conosciamo, sta incontrando enormi difficoltà. I tafferugli per un po' di energia in più stanno diventando sempre più frequenti. L'ultima speranza per l'umanità è la stazione spaziale intorno al pianeta sulla quale sono in corso i test per la produzione di energia infinita. Un gruppo internazionale di scienziati sta effettuando i tentativi per l'accensione del sistema, ma niente va per il verso giusto. Ad energia quasi finita, però, succede qualcosa: la Terra scompare. Gli scienziati sono soli nello spazio e strani avvenimenti stanno accadendo a bordo. La vita come noi la conosciamo sta subendo un minaccia insidiosa.
La produzione e la nascita di The Cloverfield Paradox hanno una storia tortuosa. La sua genesi parte nel lontano 2012, giunge, con qualche cambio di cast al 2016 viene realizzato, per essere messo in naftalina dalla Paramount fino all'aprile 2018. Paramount che, nel frattempo, ha avuto pessime annate al botteghino e la nuova dirigenza ha deciso di meglio valutare le pellicole che andranno in sala. Per questo The Cloverfield Paradox non giunge nel circuito dei cinematografi, come era riuscito a fare 10 Cloverfield Lane, ma, per sua fortuna a parere mio, viene acquistato da Netflix. Il canale web per eccellenza lo pubblicizza, alla grande, con uno spot durante il Superbowl, avvisando i fan di J.J, Abrams che il film è on line proprio in quel momento e che, se vogliono, possono vederlo da subito.
Nella sfortuna, il film diretto da Julius Onah, riesce a raccogliere un paio di spinte positive. La prima è che l'uscita del film coincide con il decimo anniversario della comparsa sui grandi schermi del primo Cloverfield. La seconda è che Daniel Brühl è diventato un attore conosciuto a tanti e che la sua faccia può attirare spettatori in più.
Parlando, invece, del film.
Ci troviamo davanti ad un classico film di fantascienza che, difficilmente, vista la claustrofobica ambientazione riesce ad evitare i paragoni con Alien, la pellicola che ha esplorato, per prima, in modo intrigante, la dura vita nello spazio. I set sono realizzati con grande cura, gli effetti speciali che li popolano son calibrati e hanno lo scopo di creare l'atmosfera insieme agli elementi reali con i quali gli attori interagiscono. Effetti speciali che servono anche ad alleggerire l'atmosfera come nel caso di quel braccio lì.
Il cast è omogeneo. Il senso di omogeneo è che non è presente un attore che sfiguri di fronte agli altri. Gugu Mbatha-Raw è la nostra Beatrice in questo inferno spaziale ed è suo il compito di trasmettere il maggior numero di emozioni allo spettatore: porta a termine il suo compito in modo egregio. Daniel Brühl, data anche la faccia che lo relega, ancora, in certi ruoli, deve essere l'antipatico che persegue lo scopo, ma con scarsa capacità di rapportarsi con gli altri membri dell'equipaggio. Quasi un sintetico nella saga ideata da Ridley Scott. Gli altri si muovono introno a loro, ma interpretano personaggi predestinati. Predestina a creare empatia con lo spettatore ed a un percorso professionale che li porterà a una conclusione sofferta.
La trama. Seppure gli autori del soggetto tendono a voler nascondere le proprie mosse, uno spettatore esperto riesce a prevederne molte anche senza volerlo. Quel personaggio si è aggiunto per un certo motivo ed ha motivazioni diverse da quelle che vuol far intendere, lui non è così, ma ce lo dipingono ed altro ancora. Il film, sotto il suo aspetto di una semplice (che poi non è così semplice) produzione horror fantascientifica vuole far passare dei messaggi e, anche, teorie scientifiche di non semplice assimilazione. Quindi è ovvio che per il pubblico americano vi debbano essere passaggi semplici e lenti nei quali fargli capire cosa deve e cosa sta per succedere. Un pubblico europeo, invece, tende a focalizzare l'attenzione sul concetto complicato ed a far scorrere in sottofondo ciò che è narrativo e semplice. Questa condizione, a me, non ha creato grossi problemi, anche se certi avvenimenti si sono rivelati decisamente telefonati, con tanto di messaggio in segreteria telefonica.
The Cloverfield Paradox è un film semplice, ma riuscito, anche se richiama (nonostante sia stato prodotto prima) le atmosfere di Life. Aggiunge informazioni al fenomeno Cloverfield e contribuisce ad ampliarne la mitologia. Resta sempre il dubbio: Super8 è parte di tale universo?
Per gli appassionati di fantascienza, per gli appassionati di Abrams, per chi vuole vedere un buon film.
Titolo originale The Cloverfield Paradox
Lingua originale inglese
Paese di produzione Stati Uniti d'America
Anno 2018
Durata 102 min
Genere fantascienza
Regia Julius Onah
Soggetto Oren Uziel, Doug Jung
Sceneggiatura Oren Uziel
Produttore J. J. Abrams, Lindsey Weber
Produttore esecutivo Tommy Harper, Robert J. Dohrmann, Jon Cohen, Bryan Burk, Drew Goddard, Matt Reeves
Casa di produzione Paramount Pictures, Bad Robot Productions
Distribuzione (Italia) Netflix
Fotografia Dan Mindel
Montaggio Alan Baumgarten, Matt Evans, Rebecca Valente
Effetti speciali Russell Earl, Jason Snell
Musiche Bear McCreary
Scenografia Doug Meerdink
Costumi Colleen Atwood
Interpreti e personaggi
Gugu Mbatha-Raw: Ava Hamilton
Daniel Brühl: Ernst Schmidt
Elizabeth Debicki: Mina Jensen
Chris O'Dowd: Mundy
John Ortiz: Monk Acosta
David Oyelowo: Comandante Kiel
Zhang Ziyi: Tam
Aksel Hennie: Volkov
Roger Davies: Michael Hamilton
Donal Logue: Mark Stambler
Doppiatori originali
Simon Pegg: voce alla radio
Greg Grunberg: Joe
Doppiatori italiani
Gea Riva: Ava Hamilton
Massimo De Ambrosis: Ernst Schmidt
Barbara De Bortoli: Mina Jensen
Fabrizio Pucci: Mundy
Alessandro Messina: Monk Acosta
Alessandro Maria D'Errico: Comandante Kiel
Loris Loddi: Volkov
Stefano Crescentini: Michael Hamilton
Lorenzo Scattorin: Mark Stambler
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