Qui, nella natura incontaminata degli acquitrini, dominata da un faro, dicono, infestato dai fantasmi, tra gente semplice e parenti molto gentili, riesce a liberare la sua passione per il disegno ed ad incontrare una misteriosa ragazza bionda. Marnie, che abita in una casa, all'apparenza abbandonata, al di la dell'acquitrino la coinvolgerà nelle sue avventure e riuscirà ad aprirne il carattere chiuso e sfiduciato. Marnie, però, sembra nascondere un segreto: quale potrebbe essere?
L'ultimo film dello Studio Ghibli. L'ultimo veramente per lo studio cinematografico giapponese, ultimo rimasto a realizzare kolossal d'animazione disegnati a mano; e una lacrimuccia ci scappa. L'ultimo, ma anche il primo a non vedere il nome di Miyazaki, e di Isao Takahata, tra i crediti operativi del film. Il Maestro si è limitato ad affidare nelle mani del suo allievo Hiromasa Yonebayashi, che poi lascerà lo Studio a film terminato, tutto il progetto ed a vedere come sarebbe stato realizzato. Yonebayashi, regista e sceneggiatore, ha voluto viaggiare in un solco nel terreno parallelo, molto vicino, a quello classico delle storie Ghibli. Ha mantenuto lo stile grafico classico, ha realizzato fondali curati e perfettamente particolareggiati, praticamente dei quadri di altissimo livello, ed ha preso spunto da una storia d'ambientazione molto Ghibli. Assistiamo, infatti, alla crescita caratteriale di una bambina, traumatizzata da piccola dalla perdita dei genitori e dal suo affido ad una zia, che da molto chiusa, grazie all'aiuto della misteriosa Marnie, riesce ad aprirsi ed esprimere i suoi sentimenti. Abbiamo il viaggio, nella più classica delle vetture stracariche di oggetti vari, verso la natura, lasciando alle spalle la metropoli. Però, qui, abbiamo anche la prima ambientazione originale. Yonebayashi, contro il parere di Miyazaki, si gioca la carta Hokkaido: è la prima volta che queste lande appaiono in un titolo Ghibli. Se le gioca bene. Sono paesaggi inconsueti, ma ben adatti alla ricerca interiore a cui Anna è destinata. Intrigante è il contrasto culturale tra la vita contadina, di paese, con le case e gli edifici classici giapponesi e la villa isolata, tipica costruzione di stile europeo, come la vita che gli eventi che vi si svolgono.
Se il regista punta a riprendere i paesaggi di ampio respiro, tipici, lo fa mettendoci del suo. Il cielo diventa una sfida personale. Deve essere il cielo Ghibli, deve essere riconoscibile, ma deve essere anche rappresentazione dell'animo di Anna. Deve trasmettere allo spettatore i turbamenti interiori della protagonista e deve rivelarne l'epifania al momento opportuno. Basandosi sulle parole scritte nel romanzo originale, Yonebayashi decide, opportunamente, che il suo cielo sarà "perlaceo". Sarà il suo marchio definitivo nell'opera.
Altra parola scelta come chiave di lavoro è stata "normale". Normale deve essere il viso di Anna e, a dispetto dell'aggettivo, disegnare un viso normale, con tutte le sue declinazioni ed espressioni, non è una battaglia semplice. Il fatto che durante la visione del film il viso di Anna ci appaia normale è una vittoria grafica e lavorativa per tutto lo sta, ma, sopratutto, per il character designer Masashi Ando.
Altra parola scelta come chiave di lavoro è stata "normale". Normale deve essere il viso di Anna e, a dispetto dell'aggettivo, disegnare un viso normale, con tutte le sue declinazioni ed espressioni, non è una battaglia semplice. Il fatto che durante la visione del film il viso di Anna ci appaia normale è una vittoria grafica e lavorativa per tutto lo sta, ma, sopratutto, per il character designer Masashi Ando.
Non possono mancare, in un film dal livello grafico così alto, adeguati brani per una colonna sonora di rispetto. Takatsugu Muramatsu si è trovato di fronte ad un lavoro intrigante e turbolento. Ha scelto di uscire dagli schemi classici delle composizioni sinfoniche e di sperimentare alcune soluzioni musicali intriganti. Ha avuto successo.
Azzeccata anche la scelta della traccia cantata. Il regista ha ricevuto una canzone autobiografica, in lingua inglese, da una cantate americana di nome Priscilla Ann. La ragazza, conosciuta nel suo Paese per un genere musicale un po' diverso, appena ha avuto notizia che in Ghibli stavano realizzando questo film ha deciso di inviare loro una vecchia canzone mai pubblicata. A volte la vita è proprio come un film, anche se più spesso sono le storie di fantasia a pescare dalla vita vera, ed il suo brano si è rivelato perfetto per le atmosfere di Omoide no Mānī.
E' un film Ghibli ed è l'ultimo. E' una scelta coraggiosa. E' una narrazione piacevole anche se, a piccoli tratti, ridondante. Il colpo di scena finale è tanto rivelatore quanto delicato.
Quando c'era Marnie è un film da vedere per gli amanti dell'animazione disegnata a mano, calda, viva a prescindere. Ha la classica delicatezza dei film che lo hanno preceduto, contiene qualche piccola ingenuità (come l'unica scena in cui sembra esserci un'aggiunta computerizzata) e ci permette di scoprire un Giappone rurale ancora vivo e sempre affascinante. Non è nella top five dei miei film Ghibli, ma merita molta considerazione.
Quando c'era Marnie, è da vedere con calma e pazienza, gustandosi ogni disegno.
Quando c'era Marnie è la fine di un'epoca. E' la fine di un sogno. E' la fine di una visione e di un modo di creare animazione.
Miyazaki era l'unico che aveva la forza e l'onestà intellettuale per arrivare fino a questo punto e dire: "Ho un'età, è il caso che smetta". Ma non l'ha detto per disillusione. Ha compiuto il gesto per poter continuare a realizzare i suoi sogni su carta in un altro modo. Ha formato artisti che cresceranno e ne formeranno altri che lavoreranno con tecnologie sempre più nuove, a costi sempre più abbordabili, ma con un'anima a sostenerli. Miyazaki ha detto basta ad un sistema economicamente troppo oneroso. Studio Ghibli si trasformerà, diventerà altro nelle mani di suo figlio e dei suoi eredi artistici. Lui è al lavoro su un manga che aveva nel cassetto da decenni e che realizzerà con la sua cura maniacale. Noi lo leggeremo quando sarà pronto a mostrarcelo. Oltre a questo è all'opera per realizzare un corto in CGI, chissà se la sua sensibilità riuscirà a permeare anche gli algoritmi di un computer? Vedremo cosa diventerà lo Studio Ghibli in futuro, al momento gustiamoci Quando c'era Marnie, anche se in patria gli incassi cinematografici non hanno premiato le scelte coraggiose operate dal regista.
Quando c'era Marnie è la chiusura di un cerchio ed il punto di partenza per qualcosa di nuovo.
Quando c'era Marnie è un film da vedere per gli amanti dell'animazione disegnata a mano, calda, viva a prescindere. Ha la classica delicatezza dei film che lo hanno preceduto, contiene qualche piccola ingenuità (come l'unica scena in cui sembra esserci un'aggiunta computerizzata) e ci permette di scoprire un Giappone rurale ancora vivo e sempre affascinante. Non è nella top five dei miei film Ghibli, ma merita molta considerazione.
Quando c'era Marnie, è da vedere con calma e pazienza, gustandosi ogni disegno.
Quando c'era Marnie è la fine di un'epoca. E' la fine di un sogno. E' la fine di una visione e di un modo di creare animazione.
Miyazaki era l'unico che aveva la forza e l'onestà intellettuale per arrivare fino a questo punto e dire: "Ho un'età, è il caso che smetta". Ma non l'ha detto per disillusione. Ha compiuto il gesto per poter continuare a realizzare i suoi sogni su carta in un altro modo. Ha formato artisti che cresceranno e ne formeranno altri che lavoreranno con tecnologie sempre più nuove, a costi sempre più abbordabili, ma con un'anima a sostenerli. Miyazaki ha detto basta ad un sistema economicamente troppo oneroso. Studio Ghibli si trasformerà, diventerà altro nelle mani di suo figlio e dei suoi eredi artistici. Lui è al lavoro su un manga che aveva nel cassetto da decenni e che realizzerà con la sua cura maniacale. Noi lo leggeremo quando sarà pronto a mostrarcelo. Oltre a questo è all'opera per realizzare un corto in CGI, chissà se la sua sensibilità riuscirà a permeare anche gli algoritmi di un computer? Vedremo cosa diventerà lo Studio Ghibli in futuro, al momento gustiamoci Quando c'era Marnie, anche se in patria gli incassi cinematografici non hanno premiato le scelte coraggiose operate dal regista.
Quando c'era Marnie è la chiusura di un cerchio ed il punto di partenza per qualcosa di nuovo.
Titolo originale 思い出のマーニー (Omoide no Mānī)
Paese di produzione Giappone
Anno 2014
Durata 103 min
Genere animazione
Regia Hiromasa Yonebayashi
Soggetto Hiromasa Yonebayashi, Keiko Niwa, Masashi Ando
Produttore Toshio Suzuki
Casa di produzione Studio Ghibli
Distribuzione (Italia) Lucky Red
Character design Masashi Ando
Animatori Masashi Ando
Musiche Takatsugu Muramatsu
Tema musicale Fine on the Outside di Priscilla Ahn
Doppiatori originali
Kasumi Arimura: Marnie
Sara Takatsuki: Anna
Nanako Matsushima: Yoriko Sasaki
Susumu Terajima: Kiyomasa จญiwa
Toshie Negishi: Setsu จญiwa
Ryoko Moriyama: Anziana signora
Kazuko Yoshiyuki: Nutrice
Hitomi Kuroki: Hisako
Hana Sugisaki: Sayaka
Hiroyuki Morisaki: Professore d'arte
Yo Oizumi: Dottor Yamashita
Ken Yasuda: Toichi
Takuma Otoo: Rappresentante di quartiere
Shigeyuki Totsugi: Gentiluomo
Doppiatori italiani
Sara Labidi: Anna
Benedetta Gravina: Marnie
Chiara Fabiano: Marnie da bambina
Claudia Catani: Yoriko
Daniela Debolini: Setsu
Sergio Lucchetti: Kiyomasa
Antonella Giannini: Hisako
Agnese Marteddu: Sayaka
Virginia Brunetti: Nobuko
Alessandra Chiari: signora Kadoya
Doriana Chierici: balia
Tiziana Avarista: signora
Vittorio De Angelis: padre di Marnie
Sabrina Duranti: madre di Marnie
Ermanno Ribaudo: Toichi
Edoardo Nordio: dottor Yamashita
Nicola Braile: professore di disegno
Leonardo Caneva: Takeshi
Raffaele Carpentieri: Kazuhiko
Benedetta Ponticelli: Emiri
Laura Cosenza: madre di Sayaka
Sacha De Toni: addetto del Comune
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