martedì 19 febbraio 2019

Alita - Angelo della Battaglia

Seconda metà del 2500. Dopo La Caduta una sola città sospesa è rimasta attiva: Zalem. Sotto la sua perpendicolare è nata la Città di Ferro. Qui, tutti i rifiuti, tecnologici o meno, vi vengono scaricati e la popolazione si inventa il modo di riciclarli per sopravvivere.
La società è un'integrazione multirazziale, idiomi, lineamenti si alternano senza soluzione di continuità. Molti dei residenti presentano innesti cibernetici per il potenziamento. Di alcuni di loro solo il viso è rimasto umano mentre tutto il resto del corpo è stato sostituito da circuiti e metallo.
Dayson Ido è un dottore. Il suo proposito è riparare, anche senza ricevere compenso, i cyborg meno abbienti in modo che possano sopravvivere alla Città di Ferro. Per questo necessita di recuperare pezzi utilizzabili, praticamente, senza spesa. Il suo supermercato è la discarica. Tra una scheda ed un bulbo oculare si imbatte in un busto funzionante, completo di testa e cuore, di un cyborg dalle sembianze di una giovane ragazza. Lo raccoglie e lo innesta in un corpo di sua costruzione.
Inizia, così, la nuova vita di Alita. Una giovane ragazza senza memoria, ma con grandi potenzialità combattive, che impara a conoscere il mondo intorno a sé, le discriminazioni, il Motorball, l'amore, il pericolo e l'avventura. La sua esistenza troverà senso nell'affrontare Nova, colui che gestisce l'irraggiungibile Zalem.



Era il 1990 quando Yukito Kishiro ideava, scriveva e disegnava per la prima volta Alita - L'angelo della battaglia. Ne uscivano i primi nove volumi del manga entro il 1995 e James Cameron, dall'altra parte dell'oceano, da lì a breve, avrebbe deciso di farne un film in quel di Hollywood. Sono passati venti anni, Avatar e tutti i suoi sequel in preparazione, e Alita ha visto la vita. Non con Cameron alla regia, ma con il suo amico Robert Rodriguez (eclettico amico, anche, di Tarantino, capace di passare da El Mariachi a Spy Kids, da Machete a Sin City, da Four Room a Dal tramonto all'alba e così via) a dirigere la baracca. Cameron è rimasto a supervisionare il tutto, a produrlo ed a scrivere la sceneggiatura insieme a Laeta Kalogridis (scrittrice con un gran bel curriculum).
Dopo venti anni, com'è Alita?



La trasposizione del personaggio principale sul grande schermo è stata realizzata interamente con la computer grafica. Alita è stata resa visivamente molto simile a colei che è stata conosciuta da chi ha letto il manga: occhi grandi, specchio dell'anima, e bocca piccola, capelli neri e fisico snello e veloce. Sotto quegli strati di pelle digitale, però, c'è Rosa Salazar, recentemente vista in Bird Box su Netflix, e conoscendone le fattezze era facile vederla lì sotto, ad agire nei panni di Alita. Nonostante la scelta di rendere la protagonista in digitale (strada precorsa dal film di Final Fantasy del 2001, con tutto il cast dalle fattezze umane in digitale) devo ammettere che la sua credibilità non è venuta meno. Gli artisti che hanno lavorato per trasporla sul grande schermo l'hanno dotata di atteggiamenti e movimenti tipici da ragazzina che l'hanno resa umana. Sono rimasto, però, inconsciamente turbato dai capelli: sarà stata una mia impressione, ma mi è parso che non avessero movimenti congrui con quelli dei capelli dei personaggi vicini alla protagonista. Per fami passare il dubbio dovrò rivedere il film con più calma.



A Rosa Salazar si affiancano attori di alto livello, vincitori e candidati a Premi Oscar. Il primo che incontriamo è Christoph Waltz. Il "padre" di Alita. Lui è sempre straordinario, ma il doppiaggio in italiano di Stefano Benassi è qualcosa in più. La familiarità con il quale lo fa parlare nel nostro idioma è un motivo di guadagno per l'attore.
Chiren, personaggio non presente nel manga, ma nei successivi OAV (anime destinati al mercato dell'Home Video Giapponese) ha le, bellissime e dure, sembianze di Jennifer Connely. Per necessità di copione, il suo personaggio risulta essere eccessivamente ingessato, ma l'attrice nata a Cairo, nello Stato di New York, riesce a permetterle un'evoluzione durante le due ore della pellicola.
Mahershala Ali è Vector, un affarista in contatto con Zalem e che persegue i suoi profitti senza guardare in faccia a nessuno. Ali, lanciatissimo con merito ed in sala in Italia anche con Green Book, sta assumendo, in questo genere di film, quei ruoli che una volta erano di Wesley Snipes. Non mi stupirei nel vederlo presto nei panni di Blade.
Keean Johnson, il nome dice poco, il personaggio pure. E' l'interesse amoroso della protagonista, serve a muovere certi meccanismi narrativi, ma resta sullo schermo per fin troppo tempo.


Il vero avversario di Alita, in questo primo film, è Grewishka (fortunato nell'essere interpretato da Jackie Earle Haley, il Rorschach del Watchmen di Snyder), uno sgherro del misterioso Nova, potenziato dallo stesso Vector. Gli scontri che Alita ha con lui le permettono di crescere e di ricordare qualcosa del suo passato. Un dualismo non proprio originale, ma che funziona.


La resa su schermo. Se per Alita ho già esternato i miei dubbi in riferimento ai capelli, per i mecha degli altri cyborg non posso che essere ammirato di ciò che è stato portato su schermo (lo stesso vale per i due corpi utilizzati da Alita e dai dettagli con i quali sono stati caratterizzati). Ciò che mi ha lasciato un po' perplesso è stata, invece, la scelta dei costumi per gli abitanti della Città di Ferro. In un'inquadratura ho visto una comparsa in bermuda verde militare, camicia simil hawaiana, borsello a tracolla, che smanettava con qualcosa: mi è sembrato di vedere un turista americano in gita. Mancavano infradito e calzino bianco ed eravamo a posto. Non so, ho avuto la sensazione che le comparse fossero state vestite in modo accurato. Mi sono fatto l'idea che siano state agghindate un po' con quello che capitava e non con la cura necessaria per immaginarsi un post catastrofe del 2563.



Di alto livello, invece, sia le scene di combattimento che quelle ambientate durante le sfide del Motorball. Queste ultime, ogni tanto, sconfinano in quella che si può definire la confusione da Transformers, o MdMB (Mordo di Michalel Bay). Sicuramente i movimenti dei partecipanti cybernetici a questo gioco, che è un po' un incrocio tra Speedball e Rollerball, sono stati ponderati, ma, a volte, per l'occhio umano, sfidano le legge della fisica e della compenetrazione dei corpi.



Alita è un film semplice, ma stratificato. Sullo schermo viene mostrata la rinascita di questa ragazza dalle caratteristiche speciali, ma accanto a lei accadono avvenimenti che possono far riflettere lo spettatore ad una seconda o terza visione. Non ho trovato confortevole l'eccessiva solarità data al film dalla fotografia. Avrei visto meglio gli eventi svolgersi costantemente con toni più cupi, rischiarati solo dalla solarità interiore della protagonista. Questa scelta, secondo me, si frappone tra lo spettatore ed il pathos necessario per lasciar trapelare le sofferenze a cui la ragazza è costretta ad andare in contro per crescere e recuperare i suoi ricordi.



Un film, a volte, troppo leggero per gli argomenti che tratta, ma che vale la pena essere visto sia da chi di Alita ha solo sentito parlare che da chi è stato affezionato lettore del manga.
Finalmente è arrivato al cinema, solo per questo merita. Un po' come L'uomo che uccise Don Chisciotte.
Ah, e, ovviamente: finale grandemente aperto per l'eventuale secondo capitolo (speriamo non tra altri venti anni).

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