Reduce dallo strepitoso successo teatrale e televisivo, Enrico Brignano , torna in scena con lo spettacolo “SONO ROMANO MA NON E’ COLPA MIA”.
Uno show che dà voce a sentimenti ed emozioni. Brignano riflette ad alta voce, dà corpo ai ricordi di famiglia ma di una famiglia allargata, che risalendo di nonno in nonno, arriva fino a nonno Romolo, primo re di Roma.
Ma fuori dal nido degli affetti familiari, anche di quelli più lontani nel tempo, ce n’è per tutti, nessuno escluso: tempo di bilanci, di riflessioni e di speranze per il futuro, con un’ispirazione sempre educata a volte surreale e mai volgare, con uno spettacolo che ha come unica GRANDE pretesa, quella di far trascorrere una serata divertente.
Nei suoi esilaranti monologhi, l’Artista, mette alla berlina vizi e virtù degli uomini di oggi, dalle paure alle manie che ciascuno serba in cuore: un viaggio tra le piccole e grandi nevrosi degli italiani. Ma in questo viaggio fortunatamente viene in soccorso , anzi in “Pronto soccorso” la risata come un sorso d’acqua fresca, capace di mandar giù e per un attimo far dimenticare qualsiasi boccone amaro. Una pausa di serenità, una pausa di buonumore.
“Sono romano ma non è colpa mia” perché abitare nella capitale comporta una responsabilità non indifferente: saper far meglio di chi è venuto prima di noi, molto prima di noi.
Con l’aiuto e la maestria delle musiche e dell’orchestra diretta dal maestro Federico Capranica, Brignano vi accompagnerà tenendovi per mano attraverso i monumenti e i ruderi dei suoi pensieri.
E come si sarà capito le righe sopra sono quelle di promozione dello spettacolo pubblicate ufficialmente sul sito del Teatro Smeraldo, per pubblicizzare lo spettacolo dell'artista romano. Ma com'è veramente lo show?
Premettiamo che è un mix di monologo e canzoni che si protrae con verve più o meno animata per 3 ore ininterrotte, il che vuol dire senza una minima pausa né per lo spettatore né, sopratutto per l'artista.
Il palco ci presenta Brignano ed alle sue spalle una band, della Magliana, di 7 elementi, pianista compreso, e quattro coriste con coscia destra di fuori.
Ripercorriamo l'infanzia a Dragona dell'artista, dove le casa abusive costituiscono l'intero paese, la sua adolescenza con l'amore per la bella Diana ed i problemi sulla ruota panoramica, passando attraverso scene di vita familiare, in modo divertente, scanzonato, con giochi di parole, cambi di voce e brio. La prima ora abbondante se ne va senza quasi accorgersene.
Il cambio di scena è spinto dalla voglia di rivoluzione che ha bisogno questo paese, ma che non trova sponda nel romano. Ci presenta lo spirito rivoluzionario, anche un po' impacciato, di paesi più solleciti del nostro nell'atto come Francia, Russia, Cuba, Cina. Per la verità la parte più noisa dello spettacolo. Un gramlò di lingue inventate, di suoni vicini all'idioma della nazione rappresentata, che si protrae per troppo tempo e finisce per far emergere in superficie sullo spettatore la stanchezza dopo la giornata lavorativa.
Si conclude con il disagio di essere romano. Di vivere in una città come Roma. Una città nella quale da tutti Italia cittadini scontenti si recano per protestare e portare le loro ragioni ai potenti del Paese. Una città nella quale chi vi risiede o solo vi lavora ha problemi ad entrare.
Si chiude lo spettacolo con la canzone che da il nome allo spettacolo e con un, finto, fuori programma, di ringraziamento al pubblico. Battute sul teatro, scene di vita familiare, che sono la parte più genuina della show.
La gente in sala si diverte, ride, applaude un artista sempre più completo che ricorda sul palco un giovane Gigi Proietti. Ammiccamenti, battute, espressioni del viso rendono il comico intrigante e divertente.
Oggettivamente bravo. Soggettivamente lo prenderei a piccole dosi.
Uno spettacolo da vedere, andare a teatro è sempre un evento particolare e magico. Ecco, magari non allo Smeraldo, ma soprattutto non nella Galleria del Teatro Smeraldo. Una volta seduti avrete si e no 15 cm di spazio per cercare di parcheggiare le vostre gambe. Poltroncine scomode per quasi tutto il pubblico. Un peccato che un teatro chiuda, con lui muore una piccola parte dell'anima della città che lo ospita, soprattutto per cause politico urbanistiche. Magari una ristrutturazione, un iniezione di maggior appeale avrebbe potuto dargli qualche speranza di sopravvivenza in più.
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