1858. Due anni prima della Guerra Civile Americana. Da qualche parte nel Texas una piccola carovana, costituita da tre uomini a cavallo e qualche negro a piedi, sta attraversando il territorio per vendere gli schiavi al mercato. Sul loro cammino incontrano uno strano dentista di origini tedesche, il Dr. King Schultz, che si offre di comperare uno degli schiavi: Django. I tre uomini non sono molto d'accordo sulla transazione, un po' perché è piena notte ed un po' perché non capiscono bene tutto quello che dice l'erudito e verboso dottore. Visto che gli affari vanno per le lunghe e più verso il no che il sì, Schultz uccide il capo carovana, stordisce gli altri, compra legalmente Django e permette agli altri schiavi di trovare la libertà.
In sella ai loro due cavalli la strana coppia giunge in una cittadina di frontiera ed entra in un Saloon. Il barman sconcertato di vedere un negro nel suo locale corre a chiamare lo sceriffo, mentre i due si servono birra e parlano. Il Dottore in realtà è un cacciatore di taglie sulle tracce di tre fuorilegge che lavoravano come sorveglianti nel campo in cui era schiavo Django. Dei tre non esistono ritratti e l'unico disponibile a riconoscerli e lo schiavo che ha liberato e che ha più di un motivo per vederli morti, quindi gli offre un accordo come socio: 75 dollari e la libertà quando li avranno catturati.
L'accordo è fatto.
Con l'abile parlantina del Dottore e con la rudezza di Django riescono a trovare ed incassare la taglia sui tre, ma Django ha ancora un obiettivo prima di separarsi dal suo socio: deve ritrovare sua moglie. Restano insieme tutto l'inverno e scoprono che Bromilda, la moglie di Django, è ora schiava nella famigerata Candyland, il campo di schiavi di Calvin Candie, pazzo schiavista appassionato di combattimento a mani nude tra negri.
Avranno bisogno di una buona messa in scena per entrare nelle grazie de tenutario ed avvicinare la moglie di Django, ammesso che sia ancora viva, e non è detto che tutto vada per il meglio.
165 minuti e non sentirli. Ebbene sì il Django Unchained di Tarantino, nuovo lungometraggio, il più lungo del regista di Knoxville, dura quasi tre ore e non ti fa pentire di esserti messo a vederlo.
Da sempre appassionato dei film "spaghetti western" di Sergio Leone, Quentin, trova, finalmente il modo di omaggiare palesemente il genere. Prende un vecchio classico del cinema western, Django, lo riscrive a modo suo e lo farcisce di citazioni (due su tutte sono la presenza di Franco Nero, il Django originale, e quella da "Il buono, il brutto, il cattivo", in entrambi i film si usa la dinamite che verrà inventata da Alfred Nobel solo nel 1867), ritagliandosi anche il ruolo per un cameo.
L'atmosfera da film anni '60 e '70 del secolo scorso si respira già da subito. L'introduzione con la classica musica morriconiana d'epoca, i titoli di testa (e poi quelli di coda) in pieno stile, insomma un'opera di recupero che fa sentire a casa l'appassionato.
Ad aiutare e sostenere l'energica sceneggiatura del regista del Le Jene e Bastardi senza gloria è un cast di attori di ottimo livello. Non stupisce la candidatura all'Oscar di Chistoph Waltz e altrettanto non stupisce la non candidatura del protagonista Jamie Foxx che, seppur bravo ed a suo agio, non raggiunge picchi toccati in suoi film precedenti. Altro merito di Tarantino è quello di essere riuscito a far entrare in un personaggio Samuel Jackson. Dopo anni di interpretazione di se stesso e di film action si ritrova, irriconoscibile a prima vista, in questa pellicola nel ruolo del capo servitù nella villa di Leonardo Di Caprio e lo fa con bravura, instillando sfacciato fastidio nell'animo di chi lo guarda. C'è anche Di Caprio, niente di eccezionale, ma Tarantino gli riserva un bel ruolo, ricco e corposo. Un cameo, anche un po' di più, è per Don Johnson, che tra il serio ed il faceto, interpreta un tenutario destinato a non fare una bella fine. L'unica donna del cast è Kerry Washington (vista accanto a Jamie Foxx in Ray, con Brangelina in Mr e Mrs Smith, nel forte L'ultimo re di Scozia di Kevin Macdonald, Alica nei i Fantastici Quattro) di una bellezza luminosa e delicata, con un ruolo di forte sofferenza e di riscatto.
La colonna sonora oltre che a proporre brani di musica classica orchestrati da Morricone offre spunti di musica contemporanea ed una canzone decisamente intensa interpretata da Elisa (anche se non mi sarebbe dispiaciuto sentirla cantare da Ilaria Graziano, quella di I Do di Ghost in the Shell Stand Alone Complex).
Cosa colpisce al volo in questo film? I dialoghi e la parte affidata a Chistoph Waltz. Cosa dimenticare di questo film? Niente. E' un film da vedere e da godersi fino all'ultimo secondo (ed intendo anche dopo i titoli di coda, anche se non è un Marvel), perché è veramente bello.
Di Tarantino è difficile trovare qualcosa di brutto (personalmente, forse perché visti tanto tempo fa, giudico dimenticabili Four Rooms e Jackie Brown) e gli ultimi due film per il grande pubblico, Bastardi senza gloria e Django, sono imperdibili.
Ps: La Guerra Civile è del 1861, quindi tre anni dopo l'inizio dell'avventura di Django, così per essere pignoli.
Bugiardino.
Nessun commento:
Posta un commento